Storia della Basilica di S. Antonio
Benedetto Pesci, O.F.M.
Benché sorta a non molti anni dalla morte dì papa Pio IX, la chiesa di S. Antonio a Via Merulana può considerarsi ancora come facente parte di quella architettura che, tanto per intendersi, può dirsi «piana».
Nel gruppo delle chiese «piane» questa del Carimini è tra le più rappresentative; e a questo titolo ha diritto di essere segnalata come esemplare di un gusto, se non proprio di uno stile.
Più ancora che per l'esterno, la chiesa si distingue nel «gruppo» per la soluzione personale, se non proprio originale, dell'interno. Quanto alle opere d'arte che la decorano, esse, dovute per la maggior parte ad artisti francescani, sono decisamente influenzate da reminiscenze rinascimentali, o puriste, quando non reputano opportuno giungere ad assumere sostanzialmente il carattere di copia.
Storicamente rappresentativa
Comunque è bene ripeterlo, la chiesa nel suo complesso è storicamente rappresentativa di un periodo: e già questo le avrebbe dato il diritto ad essere degnamente illustrata.
Se si aggiunge che l'Autore della monografia, ch.mo storico dell'Ordine serafico, ha sintetizzato con larga documentazione le vicende della chiesa, ancor più si comprenderà perché sia stato lieto di poter pubblicare questa monografia nella collana che ho l'onore di dirìgere.
Il complesso monumentale - chiesa, convento e collegio - presenta poi un 'altra caratteristica degna di rilievo. I Frati Minori hanno inteso, infatti, il bisogno di rivolgersi ad architetti e scultori di schietta sensibilità moderna, così che la chiesa è rappresentativa dell'Ottocento, il Collegio e il Convento sono viceversa esempi notevoli e pregevoli del Novecento.
L'attuale via Merulana fu aperta dal papa Gregorio XIII, in occasione dll'Anno Santo 1575, realizzando il precedente progetto di Pio IV, di unire con un rettifilo il Laterano con S. Maria Maggiore, e anticipando in qualche modo l'idea di Sisto V.
Già nell'antichità e certamente nel medioevo, doveva esistere una zona una via Merulana, con percorso diverso dall'attuale e che, dall'odierna piazza Vittorio, andava all'Ospedale di S. Giovanni.
L'ampia e regolare via che i pellegrini dell'Anno Santo 1575 poterono percorrere dal Laterano a S. Maria Maggiore, dal nome del Papa che l'aveva voluta, fu detta anche Gregoriana e con tal nome appare nella pianta di M. Cartario, del 1576, e in quella di S. Du Pérac, del 1577 (vedi figura) edita da A. Lafréry.
Il nome di Merulana
Il nome di Merulana deriva dal cognome «Merula» e una La zona circostante «Domus Merulana», nella zona, è ricordata da S. Gregorio La chiesa dalla pianta del Magno (590-604) in una delle sue lettere, ma non è detto che Du Perac e. 1577). non possa ricordare una zona cinta di mura sormontate da merli («menili»), dove esisteva un accampamento di soldati barbarici. E certo che nell'età imperiale, al Laterano e nelle vicinanze, vi erano delle caserme, tanto che Costantino, divenuto padrone di Roma, volle costruire la chiesa del Vescovo della città in collegamento di un battistero e di un palazzo papale, sul possesso imperiale del Laterano: «Domus Faustae», estendendo l'intera fabbrica su una strada e sulla caserma demolita degli «Equites singulares». S. Du Pérac, ricostruendo il quartiere Celimontano dell'antichità, localizzò la Stazione della quinta.
Con la denominazione topografica «de» o «in Merulana», nel medioevo sono conosciute tre chiese lungo la nostra via, oggi non più esistenti. La più antica è S. Matteo, che si trova fra i titoli, nelle sottoscrizioni del Sinodo romano del 499. Probabilmente nel secolo VI perdette il carattere titolare che fu ereditato da quella dei Ss. Marcellino e Pietro che appare nelle sottoscrizioni del Sinodo del 595.
Sorgeva, secondo M. Armellini, sull'angolo a destra di chi entra in via Merulana dall'attuale via Alfieri. Fu distrutta durante l'occupazione francese del 1810.
Fra i restauri delle chiese di Roma ricordati nella biografia di Leone III (795-816) del Liber Pontificalis vi sono quelli della chiesa del martire Basilide «sita in Merulana». L'unicità della fonte non permette di precisare il sito né il tempo della scomparsa della chiesa.
Una chiesuola sparita dopo il secolo XIV, che descrizioni apocrife sulla parrocchia Lateranense, attribuite a Pasquale II (1099-1118) e a Callisto II (1119-1124), con altri documenti, chiamano «S. Bartholomaei in Capite Merulanae», doveva trovarsi all'ingresso della piazza del Laterano, non lungi dai Ss. Marcellino e Pietro. L'indicazione topografica delle fonti predette conviene, infatti, con quelle dell'ordine della processione Lateranense, quale risulta dal Registro di Innocenzo III, che prescrive; «Mulieres omnes... per Merulanam et ante sanctum Bartholomaeum veniant in campum Lateranensem». Esiste ancora la chiesa dei Ss. Marcellino e Pietro o, come dal ~ secolo XII, invertendo i nomi dei martiri, più comunemente, si dice dei Ss. Pietro e Marcellino, spesso con la denominazione topografica: «iuxta Latheranum». Fu, però, completamente riedificata nel 1751 da Benedetto XIV che l'affidò alle Suore Carmelitane le quali vi rimasero fino al 1906, quando venne eretta parrocchia di S. Pio X.
Altre chiese sulla via MerulanaLe altre chiese esistenti sulla via Merulana non sono più antiche della metà del secolo XIX. Prima, in ordine cronologico, è S. Alfonso de' Liguori, tra via S. Vito e via dello Statuto, iniziata nel 1855, su progetto dell'architetto inglese Giorgio Wigley e consacrata il 3 maggio 1859. Essa rappresenta la prima importante architettura neogotica a Roma nell'Ottocento.
Venendo da S. Maria Maggiore, quasi a metà della via Merulana, sulla destra, vicinissima alla via Ruggero Bonghi, è la chiesa di S. Anna, incorporata all'edificio della sede generalizia delle Figlie di S. Anna che vi si erano stabilite nel t 1882. La chiesa fu consacrata nel 1887 ma fu quasi completamente rifatta nel 1927 su disegno dell'ingegnere Reboa.
Dal 26 giugno 1250 al 29 novembre 1885 il Ministro generale dei frati minori con la sua curia aveva avuto la sede in S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio, cui era annesso uno studio generale di filosofia e teologia dell'Ordine. Ma il 29 novembre, giorno consacrato dalla liturgia a tutti i Santi francescani, dopo seicentotrentacinque anni, era costretto ad abbandonare definitivamente la secolare residenza della famosa torre di Paolo III, che il 5 gennaio del 1886 cedeva ai colpi del piccone demolitore per dar posto al monumento di Vittorio Emanuele II.
L'idea della scelta del Colle Capitolino per la glorificazione dell'Italia unita, apparsa nel progetto presentato alla Commissione governativa nominata il 13 settembre 1880 dagli architetti Pio Piacentini e Ettore Ferrari, per il suo significato storico, fu accolta e concretizzata col nuovo concorso, parimenti a carattere internazionale, bandito il 12 dicembre 1882 e vinto dal giovane architetto Giuseppe Sacconi che il 30 dicembre 1884 fu incaricato della direzione artistica dei lavori.
La lettera del Frate Bernardino Dal Vago che annuncia all'Ordine la decisione presa, dopo lunghe e mature discussioni, di erigere in Roma, quasi all'ombra del Vicario di Cristo, un Collegio internazionale per la formazione morale e scientifica dei futuri Lettori e Maestri nelle varie Province, porta la data del 12 novembre 1883, ma l'occasione prossima di tale erezione va ricercata nelle condizioni precarie create all'antica sede generalizia dal proposito sempre più consistente delle autorità governative di riservare al Campidoglio il monumento di gloria da erigere al padre dell'Italia unificata.
Nella lettera sopra indicata è fatto cenno dell'area sulla quale sarebbe sorto il Collegio «secus Viam Merulanam, non longe a Sacrosancta Archibasilica Lateranensi», per l'acquisto della quale i Padri del Definitorio generale avevano dato unanime consenso. L'area era compresa entro i seguenti limiti: metri lineari 143,70 sulla via Merulana, 81,15 sul viale Manzoni, 143,70 sulla via Matteo Boiardo e 81,15 sulla via Aleardo Aleardi, ricoprendo una superficie di metri quadri 11.661,25. Faceva parte del parco della superba villa creata dal marchese Vincenzo Giustiniani nel 1625 e nel 1802 passata ai marchesi Massimo che, a loro volta, nel 1848 la cedettero ai principi Lancellotti. I frati minori l'acquistarono dal principe Filippo Lancellotti che ne era entrato in possesso con la spartizione dei beni paterni. Nella Roma edita da Giovanni Murray, del 1881 e in quella di Romolo Bulla, del 1884, la villa Lancellotti, con la denominazione di Villa Massimo, risultava ancora.
Nei pressi del Laterano
L'area scelta nei pressi del Laterano, fu posta in relazione affettiva con il ricordo di Innocenzo III che vide in sogno San Francesco sostenere la Basilica madre di tutte le chiese in atto di cadere e, subito, approvò la Regola dei frati minori.
La scelta del santo titolare fu consigliata dal Cardinale Vicario Lucido Maria Parrocchi che benedisse la prima pietra della chiesa del Collegio, già approvato e benedetto da Sua Santità Leone XIII.
La notizia dell'erezione del Collegio internazionale S. Antonio dei frati minori così fu commentata dall'Eco di S. Francesco d'Assisi: «Santo e ardito disegno è cotesto; ardito per i tempi che corrono ai frati sfavorevoli; santo per il bene che verrà all'Ordine e alla Chiesa. Noi ritorneremo su questa lieta novella; ma ora diciamo che cotesta è la più solida risposta a quei tali che vogliono distrutto l'Aracoeli. Ed oh, se tutti rispondessero con i fatti in questi tempi eccezionali».
È noto che l'Ordine dei frati minori non ha altra ricchezza che quella della povertà e le sue imprese materiali, non hanno altro fondamento di quello della Divina Provvidenza che mai è loro venuta meno, naturalmente dopo gli accorgimenti della virtù della prudenza.
Prima di iniziare la costruzione e durante il tempo dei lavori il Frate Bernardino da Portogruaro pregava e faceva pregare per il buon esito , come non mancava di raccomandare ai suoi frati di contribuire a trovare il denaro necessario per condurla a compimento, usando anche del mezzo indicato da San Francesco, cioè il ricorso agli amici spirituali.
La progettazione del Collegio
La progettazione del Collegio e la direzione dei lavori furono affidati al già detto architetto romano Luca Carimini il quale appartiene al ristretto gruppo di artisti che nella seconda metà dell'Ottocento, pur nel loro ecclettismo, fecero tornare l'edilizia romana alla dignità dell'arte, movendosi nel campo del neoclassicismo. Era nato nel 1830 e a 14 anni aveva cominciato come scalpellino, poi come marmoraro. Più tardi provò l'architettura e, senza aver frequentato accademie, riuscì a farsi riconoscere dall'archiginnasio della Sapienza come architetto. Quando gli fu concessa la progettazione di S. Antonio a via Merulana, contava 53 anni, aveva compiuto opere di rifacimento, come la cappella del Crocifisso ai Ss. Apostoli (1858) e la canonica della Madonna di Loreto (1871), e nuove, come la graziosa chiesa di S. Ivo dei Bretoni (1880) e l'ospizio e la chiesa delle Piccole Suore dell'Immacolata, (1882).
Il progetto del collegio S. Antonio a Via Merulana elaborato del Carimini venne discusso in più sedute dal Definitorio del progetto, con proibizione ad ambo le parti, architetto e Commissione, di alterare e cambiare il disegno approvato.
Benedetta la prima pietra il 16 aprile 1884, il Ministro generale partì per visitare le Province dell'Ordine, mentre i lavori dell'erigendo Collegio avanzavano alacremente.
Il corrispondente della Revue Franciscaine, che, nel gennaio 1886 ebbe occasione di visitare la costruzione, nel febbraio seguente, poteva scrivere che la chiesa era già coperta e si dava mano ad ultimare le celle, così che in quattro mesi l'edificio sarebbe stato compiuto
È fuori dubbio che il 17 agosto 1887, cioè tre anni e quattro mesi dopo la posa della prima pietra, la Curia generalizia dai Ss. Quaranta potè trasferirsi in S. Antonio, anche se i lavori di rifinitura protrassero la consacrazione della chiesa al 4 dicembre.
Le difficoltà incontrate durante nel corso dei lavori e che continueranno a preoccupare per circa un ventennio i superiori dell'Ordine, erano essenzialmente finanziarie. Il contrasto tra la povertà francescana non solamente di spirito ma anche di fatto e le esigenze artistiche e ambientali dell'architetto, appare molto chiaro. La fiducia dei frati nella Provvidenza finisce per dare ragione al Ministero generale che aveva osato santamente l'impresa del Collegio internazionale e un giorno aveva esclamato: «Non vedo poi come si possa avere paura del fallimento: San Francesco non fallisce mai»
La Consacrazione della Chiesa
La solenne consacrazione della chiesa fu preceduta dalla benedizione delle campane ufficiata anche questa dal Cardinal Vicario, il 28 novembre 1887.
Alla consacrazione della chiesa con il consacrante Cardinal Vicario, intervennero sei Vescovi dell'Ordine dei frati minori, uno dei minori conventuali e uno dei minori cappuccini e mentre il Cardinal Vicario consacrava l'altare maggiore, ciascuno dei vescovi sopra indicati procedeva alla consacrazione di uno dei dieci altari laterali. Nell'allocuzione di circostanza il Cardinal Parrocchi esprimeva del collegio la seguente valutazione: «Questo edificio senza dubbio è ragguardevole per pregio di architettura, che supera tutti gli altri edifici che in questa alma città sorsero dopo i luttuosi fatti sopravvenuti a contristare la Roma cristiana. In ciascuna cella risplende la serafica povertà e internamente per ogni dove traspare la francescana severità. Ma neh'edificare il tempio i poverelli Francescani eressero un monumento quale infatti si doveva per la casa di Dio». Il giudizio equilibrato del Cardinale Vicario era una risposta indiretta a tutti coloro che, dentro e fuori dell'Ordine dei frati minori, avevano gridato al lusso e alla grandiosità fuori posto. Il Collegio internazionale dei frati minori sulla via Merulana.
La chiesa fu consacrata il 4 dicembre 1887 ma la facciata era già stata ultimata nel 1886, come risulta dall'iscrizione nella fascia dell'ultima cornice sotto il timpano. Questa, grandiosa nel suo insieme, risulta ricca di elementi discordanti ma legati con tanta naturalezza come filtrati attraverso un pensiero unitario, un insieme fuso ed armonioso. A questo ha contribuito non poco l'impiego della cortina di mattoni con l'inserzione di finestre di travertino a forma diversa, tanto sulla facciata della chiesa che del convento. Contrariamente a quanto si sarebbe potuto immaginare, lo stesso portico sangallesco, accuratamente disegnato in tutti i suoi particolari cinquecenteschi, posto sopra le scalinate di accesso alla chiesa, finisce per fondersi dignitosamente con tutto il resto dell'edificio.
La pianta della chiesa, è in gran parte determinata dal fatto di essere incorporata all'imponente edificio del Collegio. È, però, doveroso notare che nell'insieme concepito dal Carimini, la chiesa col suo bel campanile assumeva un'importanza e un distacco maggiore dell'odierno, dopo le modifiche eseguite alla sua destra e alla sua sinistra.
L’interno della Chiesa
L'interno della chiesa è a tre navate, di cui le due laterali, per le accennate esigenze di pianta, sono relativamente strette e oscure. Un colonnato a due ordini sovrapposti limita la navata centrale: le dodici colonne di granito di Baveno, dell'ordine inferiore, sei per parte, hanno il capitello ionico, mentre le dodici dell'ordine superiore, anch'esse di granito di Baveno, con capitello corinzio cinquecentesco, limitano il matroneo che serve per il coro della comunità religiosa. Il matroneo ha nella parte parallela alla facciata, di sopra e di sotto, due colonne identiche a quelle laterali, come nelle antiche basiliche cimiteriali di S. Agnese e di S. Lorenzo fuori le mura, con le finestre delle pareti superiori che illuminano tutto l'ambiente.
La navata centrale è coperta a tetto, con le caratteristiche capriate francescane, graziosamente ornate.
La necessità di ampliare il coro inferiore e di dare una migliore sistemazione alla statua di S. Antonio, nel 1960, condusse allo spostamento della balaustra di marmo che separa il presbiterio dal vano delle navate e del grandioso altare maggiore, opera del Carimini.
Nel 1939 il pulpito di legno fu sostituito dall’attuale in marmo di Carrara, con pannelli e colonnine a colori. I quadri della Via Crucis, messi in opera l'anno seguente, come il pulpito, furono eseguiti dalla ditta Gazzeri di Querceta.
La decorazione generale della chiesa eseguita dal Frate Bonaventura Loffredo da Alghero dal 1889 a tutto il 1890, venne molto discussa: forse soffrì dell'alterazione di alcuni colori, specie dell'azzurro divenuto stridente. Nel 1950 fu progettato un rinnovamento delle decorazioni, più conveniente alle linee architettoniche della basilica, specialmente per quanto riguarda la navata centrale e l'abside. Del progetto che prevedeva la sostituzione, nelle zone alte con importanti opere pittoriche e, sull'arco trionfale, con opere in mosaico, fino ad ora è stata attuata la sola tinteggiatura. Delle pitture del Frate Loffredo è rimasto solamente il grande affresco absidale che rappresenta l'apoteosi dell'Ordine francescano.
I quadri degli altari laterali, come la decorazione generale che il Frate Bernardino da Portogruaro avrebbe voluto affidata a Ludovico Seitz (1844-1908), non ebbero il seguito desiderato. Quello di Santa Chiara era stato commesso allo stesso Seitz ma con l'intento di presentare veramente un'opera d'arte, il 10 dicembre 1891, presentò quello provvisorio del giovane Giuseppe Bravi (1864-1936), che divenne definitivo. Migliore fortuna ebbe quello di S. Francesco, eseguito da Franz De Rhoden (1817-1903). Di maggior pregio rimane il quadro dei Martiri Giapponesi, di Cesare Mariani ( 1826-1901 ) ma non è trascurabile quello dell'Immacolata, di Francesco Szoldaticz (11916); gli altri quadri sono dei frati minori Giuseppe Maria Rossi (1843-1890), Caio D'Andrea (1849-1906) e Michelangelo Cianti (1840-1923), mentre quello di S. Ludovico di Tolosa è copia degli affreschi della cappella di S. Bernardino in Aracoeli eseguita dalla terziaria francescana Eugenia Pignet (ti940). Dalle navate laterali si accede a due sagrestie minori destinate alle confessioni e da queste, diagonalmente, si passa alla grande sagrestia situata dietro l'abside. La cripta, vera chiesa inferiore, al livello di via Merulana dalla quale si accede direttamente, occupa un vano della grandezza complessiva della chiesa: è a tre navate divise da colonne di travertino, con abside e deambulatorio attorno che serve da sagrestia.
Il 21 agosto 1931, Pio XI in occasione del VII centenario della morte di S. Antonio, aderendo al pio desiderio del Ministro generale Frate Bonaventura Marrani, si degnò elevare la nostra chiesa alla dignità di Basilica Minore. Il 12 marzo 1960, Giovanni XXIII ha elevato la basilica di S. Antonio alla dignità di titolo cardinalizio, assegnandolo al cardinale Pietro Tatsuo Doi, arcivescovo di Tokio, che il 3 aprile seguente ne prese possesso.
L’attività pastorale
L'attività pastorale che si svolge nella Basilica, particolarmente con l'amministrazione del sacramento della penitenza, riunisce i fedeli di quasi tutte le lingue, per il carattere internazionale dei frati minori che custodiscono il Santuario. Così, pure la devozione popolare a S. Antonio, nel giorno della sua festa, offre la visione di una folla immensa che si aggira dai dieci ai quattordici mila fedeli.
All'ombra della Basilica vivono e si sviluppano le Opere Antoniane, una ONLUS a servizio delle persone senza dimora o con disagio economico, attraverso la Mensa di Via Matteo Boiardo e i servizi di ascolto e di ambulatorio medico di via Aleardo Aleardi".
Nel gruppo delle chiese «piane» questa del Carimini è tra le più rappresentative; e a questo titolo ha diritto di essere segnalata come esemplare di un gusto, se non proprio di uno stile.
Più ancora che per l'esterno, la chiesa si distingue nel «gruppo» per la soluzione personale, se non proprio originale, dell'interno. Quanto alle opere d'arte che la decorano, esse, dovute per la maggior parte ad artisti francescani, sono decisamente influenzate da reminiscenze rinascimentali, o puriste, quando non reputano opportuno giungere ad assumere sostanzialmente il carattere di copia.
Storicamente rappresentativa
Comunque è bene ripeterlo, la chiesa nel suo complesso è storicamente rappresentativa di un periodo: e già questo le avrebbe dato il diritto ad essere degnamente illustrata.
Se si aggiunge che l'Autore della monografia, ch.mo storico dell'Ordine serafico, ha sintetizzato con larga documentazione le vicende della chiesa, ancor più si comprenderà perché sia stato lieto di poter pubblicare questa monografia nella collana che ho l'onore di dirìgere.
Il complesso monumentale - chiesa, convento e collegio - presenta poi un 'altra caratteristica degna di rilievo. I Frati Minori hanno inteso, infatti, il bisogno di rivolgersi ad architetti e scultori di schietta sensibilità moderna, così che la chiesa è rappresentativa dell'Ottocento, il Collegio e il Convento sono viceversa esempi notevoli e pregevoli del Novecento.
L'attuale via Merulana fu aperta dal papa Gregorio XIII, in occasione dll'Anno Santo 1575, realizzando il precedente progetto di Pio IV, di unire con un rettifilo il Laterano con S. Maria Maggiore, e anticipando in qualche modo l'idea di Sisto V.
Già nell'antichità e certamente nel medioevo, doveva esistere una zona una via Merulana, con percorso diverso dall'attuale e che, dall'odierna piazza Vittorio, andava all'Ospedale di S. Giovanni.
L'ampia e regolare via che i pellegrini dell'Anno Santo 1575 poterono percorrere dal Laterano a S. Maria Maggiore, dal nome del Papa che l'aveva voluta, fu detta anche Gregoriana e con tal nome appare nella pianta di M. Cartario, del 1576, e in quella di S. Du Pérac, del 1577 (vedi figura) edita da A. Lafréry.
Il nome di Merulana
Il nome di Merulana deriva dal cognome «Merula» e una La zona circostante «Domus Merulana», nella zona, è ricordata da S. Gregorio La chiesa dalla pianta del Magno (590-604) in una delle sue lettere, ma non è detto che Du Perac e. 1577). non possa ricordare una zona cinta di mura sormontate da merli («menili»), dove esisteva un accampamento di soldati barbarici. E certo che nell'età imperiale, al Laterano e nelle vicinanze, vi erano delle caserme, tanto che Costantino, divenuto padrone di Roma, volle costruire la chiesa del Vescovo della città in collegamento di un battistero e di un palazzo papale, sul possesso imperiale del Laterano: «Domus Faustae», estendendo l'intera fabbrica su una strada e sulla caserma demolita degli «Equites singulares». S. Du Pérac, ricostruendo il quartiere Celimontano dell'antichità, localizzò la Stazione della quinta.
Con la denominazione topografica «de» o «in Merulana», nel medioevo sono conosciute tre chiese lungo la nostra via, oggi non più esistenti. La più antica è S. Matteo, che si trova fra i titoli, nelle sottoscrizioni del Sinodo romano del 499. Probabilmente nel secolo VI perdette il carattere titolare che fu ereditato da quella dei Ss. Marcellino e Pietro che appare nelle sottoscrizioni del Sinodo del 595.
Sorgeva, secondo M. Armellini, sull'angolo a destra di chi entra in via Merulana dall'attuale via Alfieri. Fu distrutta durante l'occupazione francese del 1810.
Fra i restauri delle chiese di Roma ricordati nella biografia di Leone III (795-816) del Liber Pontificalis vi sono quelli della chiesa del martire Basilide «sita in Merulana». L'unicità della fonte non permette di precisare il sito né il tempo della scomparsa della chiesa.
Una chiesuola sparita dopo il secolo XIV, che descrizioni apocrife sulla parrocchia Lateranense, attribuite a Pasquale II (1099-1118) e a Callisto II (1119-1124), con altri documenti, chiamano «S. Bartholomaei in Capite Merulanae», doveva trovarsi all'ingresso della piazza del Laterano, non lungi dai Ss. Marcellino e Pietro. L'indicazione topografica delle fonti predette conviene, infatti, con quelle dell'ordine della processione Lateranense, quale risulta dal Registro di Innocenzo III, che prescrive; «Mulieres omnes... per Merulanam et ante sanctum Bartholomaeum veniant in campum Lateranensem». Esiste ancora la chiesa dei Ss. Marcellino e Pietro o, come dal ~ secolo XII, invertendo i nomi dei martiri, più comunemente, si dice dei Ss. Pietro e Marcellino, spesso con la denominazione topografica: «iuxta Latheranum». Fu, però, completamente riedificata nel 1751 da Benedetto XIV che l'affidò alle Suore Carmelitane le quali vi rimasero fino al 1906, quando venne eretta parrocchia di S. Pio X.
Altre chiese sulla via MerulanaLe altre chiese esistenti sulla via Merulana non sono più antiche della metà del secolo XIX. Prima, in ordine cronologico, è S. Alfonso de' Liguori, tra via S. Vito e via dello Statuto, iniziata nel 1855, su progetto dell'architetto inglese Giorgio Wigley e consacrata il 3 maggio 1859. Essa rappresenta la prima importante architettura neogotica a Roma nell'Ottocento.
Venendo da S. Maria Maggiore, quasi a metà della via Merulana, sulla destra, vicinissima alla via Ruggero Bonghi, è la chiesa di S. Anna, incorporata all'edificio della sede generalizia delle Figlie di S. Anna che vi si erano stabilite nel t 1882. La chiesa fu consacrata nel 1887 ma fu quasi completamente rifatta nel 1927 su disegno dell'ingegnere Reboa.
Dal 26 giugno 1250 al 29 novembre 1885 il Ministro generale dei frati minori con la sua curia aveva avuto la sede in S. Maria in Aracoeli sul Campidoglio, cui era annesso uno studio generale di filosofia e teologia dell'Ordine. Ma il 29 novembre, giorno consacrato dalla liturgia a tutti i Santi francescani, dopo seicentotrentacinque anni, era costretto ad abbandonare definitivamente la secolare residenza della famosa torre di Paolo III, che il 5 gennaio del 1886 cedeva ai colpi del piccone demolitore per dar posto al monumento di Vittorio Emanuele II.
L'idea della scelta del Colle Capitolino per la glorificazione dell'Italia unita, apparsa nel progetto presentato alla Commissione governativa nominata il 13 settembre 1880 dagli architetti Pio Piacentini e Ettore Ferrari, per il suo significato storico, fu accolta e concretizzata col nuovo concorso, parimenti a carattere internazionale, bandito il 12 dicembre 1882 e vinto dal giovane architetto Giuseppe Sacconi che il 30 dicembre 1884 fu incaricato della direzione artistica dei lavori.
La lettera del Frate Bernardino Dal Vago che annuncia all'Ordine la decisione presa, dopo lunghe e mature discussioni, di erigere in Roma, quasi all'ombra del Vicario di Cristo, un Collegio internazionale per la formazione morale e scientifica dei futuri Lettori e Maestri nelle varie Province, porta la data del 12 novembre 1883, ma l'occasione prossima di tale erezione va ricercata nelle condizioni precarie create all'antica sede generalizia dal proposito sempre più consistente delle autorità governative di riservare al Campidoglio il monumento di gloria da erigere al padre dell'Italia unificata.
Nella lettera sopra indicata è fatto cenno dell'area sulla quale sarebbe sorto il Collegio «secus Viam Merulanam, non longe a Sacrosancta Archibasilica Lateranensi», per l'acquisto della quale i Padri del Definitorio generale avevano dato unanime consenso. L'area era compresa entro i seguenti limiti: metri lineari 143,70 sulla via Merulana, 81,15 sul viale Manzoni, 143,70 sulla via Matteo Boiardo e 81,15 sulla via Aleardo Aleardi, ricoprendo una superficie di metri quadri 11.661,25. Faceva parte del parco della superba villa creata dal marchese Vincenzo Giustiniani nel 1625 e nel 1802 passata ai marchesi Massimo che, a loro volta, nel 1848 la cedettero ai principi Lancellotti. I frati minori l'acquistarono dal principe Filippo Lancellotti che ne era entrato in possesso con la spartizione dei beni paterni. Nella Roma edita da Giovanni Murray, del 1881 e in quella di Romolo Bulla, del 1884, la villa Lancellotti, con la denominazione di Villa Massimo, risultava ancora.
Nei pressi del Laterano
L'area scelta nei pressi del Laterano, fu posta in relazione affettiva con il ricordo di Innocenzo III che vide in sogno San Francesco sostenere la Basilica madre di tutte le chiese in atto di cadere e, subito, approvò la Regola dei frati minori.
La scelta del santo titolare fu consigliata dal Cardinale Vicario Lucido Maria Parrocchi che benedisse la prima pietra della chiesa del Collegio, già approvato e benedetto da Sua Santità Leone XIII.
La notizia dell'erezione del Collegio internazionale S. Antonio dei frati minori così fu commentata dall'Eco di S. Francesco d'Assisi: «Santo e ardito disegno è cotesto; ardito per i tempi che corrono ai frati sfavorevoli; santo per il bene che verrà all'Ordine e alla Chiesa. Noi ritorneremo su questa lieta novella; ma ora diciamo che cotesta è la più solida risposta a quei tali che vogliono distrutto l'Aracoeli. Ed oh, se tutti rispondessero con i fatti in questi tempi eccezionali».
È noto che l'Ordine dei frati minori non ha altra ricchezza che quella della povertà e le sue imprese materiali, non hanno altro fondamento di quello della Divina Provvidenza che mai è loro venuta meno, naturalmente dopo gli accorgimenti della virtù della prudenza.
Prima di iniziare la costruzione e durante il tempo dei lavori il Frate Bernardino da Portogruaro pregava e faceva pregare per il buon esito , come non mancava di raccomandare ai suoi frati di contribuire a trovare il denaro necessario per condurla a compimento, usando anche del mezzo indicato da San Francesco, cioè il ricorso agli amici spirituali.
La progettazione del Collegio
La progettazione del Collegio e la direzione dei lavori furono affidati al già detto architetto romano Luca Carimini il quale appartiene al ristretto gruppo di artisti che nella seconda metà dell'Ottocento, pur nel loro ecclettismo, fecero tornare l'edilizia romana alla dignità dell'arte, movendosi nel campo del neoclassicismo. Era nato nel 1830 e a 14 anni aveva cominciato come scalpellino, poi come marmoraro. Più tardi provò l'architettura e, senza aver frequentato accademie, riuscì a farsi riconoscere dall'archiginnasio della Sapienza come architetto. Quando gli fu concessa la progettazione di S. Antonio a via Merulana, contava 53 anni, aveva compiuto opere di rifacimento, come la cappella del Crocifisso ai Ss. Apostoli (1858) e la canonica della Madonna di Loreto (1871), e nuove, come la graziosa chiesa di S. Ivo dei Bretoni (1880) e l'ospizio e la chiesa delle Piccole Suore dell'Immacolata, (1882).
Il progetto del collegio S. Antonio a Via Merulana elaborato del Carimini venne discusso in più sedute dal Definitorio del progetto, con proibizione ad ambo le parti, architetto e Commissione, di alterare e cambiare il disegno approvato.
Benedetta la prima pietra il 16 aprile 1884, il Ministro generale partì per visitare le Province dell'Ordine, mentre i lavori dell'erigendo Collegio avanzavano alacremente.
Il corrispondente della Revue Franciscaine, che, nel gennaio 1886 ebbe occasione di visitare la costruzione, nel febbraio seguente, poteva scrivere che la chiesa era già coperta e si dava mano ad ultimare le celle, così che in quattro mesi l'edificio sarebbe stato compiuto
È fuori dubbio che il 17 agosto 1887, cioè tre anni e quattro mesi dopo la posa della prima pietra, la Curia generalizia dai Ss. Quaranta potè trasferirsi in S. Antonio, anche se i lavori di rifinitura protrassero la consacrazione della chiesa al 4 dicembre.
Le difficoltà incontrate durante nel corso dei lavori e che continueranno a preoccupare per circa un ventennio i superiori dell'Ordine, erano essenzialmente finanziarie. Il contrasto tra la povertà francescana non solamente di spirito ma anche di fatto e le esigenze artistiche e ambientali dell'architetto, appare molto chiaro. La fiducia dei frati nella Provvidenza finisce per dare ragione al Ministero generale che aveva osato santamente l'impresa del Collegio internazionale e un giorno aveva esclamato: «Non vedo poi come si possa avere paura del fallimento: San Francesco non fallisce mai»
La Consacrazione della Chiesa
La solenne consacrazione della chiesa fu preceduta dalla benedizione delle campane ufficiata anche questa dal Cardinal Vicario, il 28 novembre 1887.
Alla consacrazione della chiesa con il consacrante Cardinal Vicario, intervennero sei Vescovi dell'Ordine dei frati minori, uno dei minori conventuali e uno dei minori cappuccini e mentre il Cardinal Vicario consacrava l'altare maggiore, ciascuno dei vescovi sopra indicati procedeva alla consacrazione di uno dei dieci altari laterali. Nell'allocuzione di circostanza il Cardinal Parrocchi esprimeva del collegio la seguente valutazione: «Questo edificio senza dubbio è ragguardevole per pregio di architettura, che supera tutti gli altri edifici che in questa alma città sorsero dopo i luttuosi fatti sopravvenuti a contristare la Roma cristiana. In ciascuna cella risplende la serafica povertà e internamente per ogni dove traspare la francescana severità. Ma neh'edificare il tempio i poverelli Francescani eressero un monumento quale infatti si doveva per la casa di Dio». Il giudizio equilibrato del Cardinale Vicario era una risposta indiretta a tutti coloro che, dentro e fuori dell'Ordine dei frati minori, avevano gridato al lusso e alla grandiosità fuori posto. Il Collegio internazionale dei frati minori sulla via Merulana.
La chiesa fu consacrata il 4 dicembre 1887 ma la facciata era già stata ultimata nel 1886, come risulta dall'iscrizione nella fascia dell'ultima cornice sotto il timpano. Questa, grandiosa nel suo insieme, risulta ricca di elementi discordanti ma legati con tanta naturalezza come filtrati attraverso un pensiero unitario, un insieme fuso ed armonioso. A questo ha contribuito non poco l'impiego della cortina di mattoni con l'inserzione di finestre di travertino a forma diversa, tanto sulla facciata della chiesa che del convento. Contrariamente a quanto si sarebbe potuto immaginare, lo stesso portico sangallesco, accuratamente disegnato in tutti i suoi particolari cinquecenteschi, posto sopra le scalinate di accesso alla chiesa, finisce per fondersi dignitosamente con tutto il resto dell'edificio.
La pianta della chiesa, è in gran parte determinata dal fatto di essere incorporata all'imponente edificio del Collegio. È, però, doveroso notare che nell'insieme concepito dal Carimini, la chiesa col suo bel campanile assumeva un'importanza e un distacco maggiore dell'odierno, dopo le modifiche eseguite alla sua destra e alla sua sinistra.
L’interno della Chiesa
L'interno della chiesa è a tre navate, di cui le due laterali, per le accennate esigenze di pianta, sono relativamente strette e oscure. Un colonnato a due ordini sovrapposti limita la navata centrale: le dodici colonne di granito di Baveno, dell'ordine inferiore, sei per parte, hanno il capitello ionico, mentre le dodici dell'ordine superiore, anch'esse di granito di Baveno, con capitello corinzio cinquecentesco, limitano il matroneo che serve per il coro della comunità religiosa. Il matroneo ha nella parte parallela alla facciata, di sopra e di sotto, due colonne identiche a quelle laterali, come nelle antiche basiliche cimiteriali di S. Agnese e di S. Lorenzo fuori le mura, con le finestre delle pareti superiori che illuminano tutto l'ambiente.
La navata centrale è coperta a tetto, con le caratteristiche capriate francescane, graziosamente ornate.
La necessità di ampliare il coro inferiore e di dare una migliore sistemazione alla statua di S. Antonio, nel 1960, condusse allo spostamento della balaustra di marmo che separa il presbiterio dal vano delle navate e del grandioso altare maggiore, opera del Carimini.
Nel 1939 il pulpito di legno fu sostituito dall’attuale in marmo di Carrara, con pannelli e colonnine a colori. I quadri della Via Crucis, messi in opera l'anno seguente, come il pulpito, furono eseguiti dalla ditta Gazzeri di Querceta.
La decorazione generale della chiesa eseguita dal Frate Bonaventura Loffredo da Alghero dal 1889 a tutto il 1890, venne molto discussa: forse soffrì dell'alterazione di alcuni colori, specie dell'azzurro divenuto stridente. Nel 1950 fu progettato un rinnovamento delle decorazioni, più conveniente alle linee architettoniche della basilica, specialmente per quanto riguarda la navata centrale e l'abside. Del progetto che prevedeva la sostituzione, nelle zone alte con importanti opere pittoriche e, sull'arco trionfale, con opere in mosaico, fino ad ora è stata attuata la sola tinteggiatura. Delle pitture del Frate Loffredo è rimasto solamente il grande affresco absidale che rappresenta l'apoteosi dell'Ordine francescano.
I quadri degli altari laterali, come la decorazione generale che il Frate Bernardino da Portogruaro avrebbe voluto affidata a Ludovico Seitz (1844-1908), non ebbero il seguito desiderato. Quello di Santa Chiara era stato commesso allo stesso Seitz ma con l'intento di presentare veramente un'opera d'arte, il 10 dicembre 1891, presentò quello provvisorio del giovane Giuseppe Bravi (1864-1936), che divenne definitivo. Migliore fortuna ebbe quello di S. Francesco, eseguito da Franz De Rhoden (1817-1903). Di maggior pregio rimane il quadro dei Martiri Giapponesi, di Cesare Mariani ( 1826-1901 ) ma non è trascurabile quello dell'Immacolata, di Francesco Szoldaticz (11916); gli altri quadri sono dei frati minori Giuseppe Maria Rossi (1843-1890), Caio D'Andrea (1849-1906) e Michelangelo Cianti (1840-1923), mentre quello di S. Ludovico di Tolosa è copia degli affreschi della cappella di S. Bernardino in Aracoeli eseguita dalla terziaria francescana Eugenia Pignet (ti940). Dalle navate laterali si accede a due sagrestie minori destinate alle confessioni e da queste, diagonalmente, si passa alla grande sagrestia situata dietro l'abside. La cripta, vera chiesa inferiore, al livello di via Merulana dalla quale si accede direttamente, occupa un vano della grandezza complessiva della chiesa: è a tre navate divise da colonne di travertino, con abside e deambulatorio attorno che serve da sagrestia.
Il 21 agosto 1931, Pio XI in occasione del VII centenario della morte di S. Antonio, aderendo al pio desiderio del Ministro generale Frate Bonaventura Marrani, si degnò elevare la nostra chiesa alla dignità di Basilica Minore. Il 12 marzo 1960, Giovanni XXIII ha elevato la basilica di S. Antonio alla dignità di titolo cardinalizio, assegnandolo al cardinale Pietro Tatsuo Doi, arcivescovo di Tokio, che il 3 aprile seguente ne prese possesso.
L’attività pastorale
L'attività pastorale che si svolge nella Basilica, particolarmente con l'amministrazione del sacramento della penitenza, riunisce i fedeli di quasi tutte le lingue, per il carattere internazionale dei frati minori che custodiscono il Santuario. Così, pure la devozione popolare a S. Antonio, nel giorno della sua festa, offre la visione di una folla immensa che si aggira dai dieci ai quattordici mila fedeli.
All'ombra della Basilica vivono e si sviluppano le Opere Antoniane, una ONLUS a servizio delle persone senza dimora o con disagio economico, attraverso la Mensa di Via Matteo Boiardo e i servizi di ascolto e di ambulatorio medico di via Aleardo Aleardi".